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Urszula Antoniak: Code Blue



Recensire un film raccontandone la trama è da giornalistino scarso dell'Eco dell'Eco dell'Eco di Bergamo, ma io vi voglio bene e l'unico modo per fare in modo che non abbiate modo di guardare questo film, fregati magari da qualche sadico curatore di cineforum, è raccontarvi quasi per filo e per segno la trama di questo film.
Perchè se vi parlassi di quanto è diretto bene, recitato divinamente, sonorizzato e fotografato con maestria certosina lo andreste a vedere anche in capo al mondo, ma questo film è una visione orrorifica per stomaco e intelletto umano.

Ma catapultiamoci nella storia: Marian è un'infermiera devota al paziente al limite del codice penale, e infatti ha il vizietto di praticare eutanasie non richieste; ma non c'è solo il lavoro nella vita di Marian, fuori dall'ospedale l'aspettano tanti amici, immaginati, e un appartamento perfettamente ordinato, grazie più che altro al fatto che gli scatoloni del trasloco non sono mai stati aperti, perchè? boh.
Inutile chiedersi se questa donna abbia famiglia, al lavoro millanta di avere una figlia ma non ci casca proprio nessuno, l'unico/a amico/a di Marian è un vecchio travestito con cui guarda ogni tanto la tv; il fatto è che nella vita di Marian c'è un disperato bisogno di amore, ecco quindi un maniaco incontrato in un videonoleggio che riporta due DVD: il dottor Zivago e un bel pornazzo (personalmente ritengo più immorale la visione del primo, ma sono dettagli), lei li noleggia, guarda il dottor Zivago seduta sul suo materasso spoglio, poi passa al porno e mentre sentiamo i classici vagiti la troviamo nuda che dipinge di rosso una porta, perchè? boh.
Quest'uomo appassionato di cinema divide con Marian anche la passione per il Voyeurismo; scena: Marian guarda fuori dalla finestra (così come il misterioso uomo affascinante) e vede due uomini stuprare una giovane ragazza in mezzo ad un prato, ecco che si spiega tutto! Marian è una stramboide perchè è stata violentata in gioventù e questo Flashback-spiegone un po' metafisico ci permette di guardare il film con un minimo di cognizione di causa! No. Lo stupro è avvenuto realmente, infatti la mattina dopo la giovane protagonista trova nel prato del fattaccio un preservativo usato, torna a casa e se lo passa in mezzo alle gambe, perchè? boh.
Ma torniamo alla carriera, un turno di notte e un'altra iniezione letale non richiesta, ma il paziente non sembra molto consenziente, si ribella ma alla fine soccombe, il senso di colpa e tante domande attanagliano la protagonista, e noi siamo attanagliati da una scena in cui Marian tira in piedi un casino mostruoso alla cassa del supermercato per 80 centesimi di troppo sul suo conto, chi ha sbagliato deve pentirsi, deve pagare, anche se non ha fatto apposta, pensieri che Marian vorrebbe condividere con il vecchio travestito, peccato che questo si butti dalla finestra di casa, perchè? boh.
Ma la vita continua, e Marian si trova ad una festa (non dovrei dirlo ma il montaggio sonoro di questa scena è spettacolare) dove finalmente può parlare col bel Konrad (ecco il nome del misterioso appassionato di Cinema, e del dottor Zivago), tutto sommato questo Konrad è simpatico, ed è anche chiaro che entrambi non hanno incontri intimi da molto tempo, scatta la scintilla ed ecco i due giovani eccitati catapultarsi a casa di lei...

no dai, il finale non lo racconto,
no, devo farlo, per il vostro bene.

Scatta un bacio emozionante, lui fa per andarsene, lei lo prega di non farlo, la cosa eccita parecchio Konrad tanto che le chiede di farlo in maniera più veemente e supplicante, lei non ha problemi a farlo, lui a questo punto tira fuori i gioielli (quest'attore era presente in sala, chissà che imbarazzo poveretto) ma preferisce fare da solo, nonostante lei sia più che disposta a rendersi utile, niente da fare. Konrad finisce l'opera e già che c'è tira due educativi sganassoni a Marian, la quale, ripresasi dal brutto colpo, si fa una doccia rinfrescante con taglio delle vene, perchè? Questa la so! Perchè dopo un film del genere l'unica soddisfazione per lo spettatore coraggiosamente rimasto in sala è veder morire senza senso la protagonista di questi 80 minuti di scene fintamente epifaniche, girate unicamente per piacere a sadici curatori di cineforum.

di Ford_Prefect (che poi sarei io) per www.debaser.it
www.debaser.it/recensionidb/ID_34494/Urszula_Antoniak_Code_Blue.htm

Jan Svankmajer - Prezít svuj zivot (Surviving life) (2010)

                                                                        [Oscar per il peggior trailer della storia, perdoniamolo]

Capita a tutti di fare sogni talmente belli e vividi da sperare di ricapitarci, di riaddormentarsi e tornare in quell'esatta situazione; quando il contrasto tra insopportabile vita reale e meraviglioso sogno sembra essere troppo ingiusto il tornare a sognare può diventare un'autentica ossessione.

Una suggestione degna d'un surrealista d'altri tempi, proprio come lo è il quasi ottantenne Jan Svankmajer: regista, pittore e artista a tutto tondo di origine boeme, quarantacinque anni di morbosi film d'animazione entrati nella leggenda, autore duro e puro che sta vivendo una seconda giovinezza grazie alla diffusione capillare dei suoi corti su youtube, passando dallo status di artista di nicchia ad uso e consumo dei maniaci da cineforum a quello di artista di nicchia globale.

Ed è proprio l'autore ad apparire nel divertente prologo del film a spiegare quella che è la scelta più particolare di questo film: pochissimi finanziatori hanno creduto a un progetto così strampalato, e fare un film costa: ecco quindi che gli attori sono ripresi dal vero sono in alcuni e frangenti e per il resto fotografati, il movimento degli attori verrà quindi reso sia con il reale movimento che con un collage schizoide delle fotografie a loro scattate, permettendo di girare buona parte del film in studio; nessuno sterile sperimentalismo formale: gli attori costano e mangiano, le foto no.

Ed eccoci scaraventati nel mondo dei sogni di Evzen, i cui sfondi sono delle vagamente borghesi foto in bianco e nero su cui agiscono personaggi scattosi ed elementi sfacciatamente psicanalitici che entrano ed escono dalle finestre, saltano, appaiono e scompaiono (portando al cinema un po di Dalì e un po' di Magritte) ed è qui che nasce l'amore di Evzen per una bellissima donna, disturbato continuamente dalla cruda realtà, da una moglie pedante e fastidiosa, dal lavoro straniante e dai debiti, una realtà a cui si può solo cercare di sopravvivere; per la moglie l'unica via di fuga è vincere il jackpot della lotteria nazionale mentre lui non ha dubbi, vuole rivivere il più possibile quel sogno.

Da qui parte un intreccio che definire complicato è un eufemismo, il mondo dei sogni di Evzen prende forma dalla sua psiche e vi accade quello che lui desidera, con risultati tragici ma in fondo voluti; e tra una seduta di psicanalisi e l'altra (dove le foto animate di Freud e Jung commentano ironicamente il procedere del caso), la fuga dal lavoro asfissiante grazie a soldi "trafugati" dal mondo dei sogni e l'amore crescente per la donna lì conosciuta (che continua a cambiare nome) si delinea sempre più marcato il più classico dei complessi di Edipo ed il confine tra realtà e sogno diventa sempre più labile.

La trama si dipana nella confusione creata da un continuo susseguirsi di suggestioni in primo e secondo piano, coiti tra animali più o meno umani, mele giganti che rotolano, oggetti che escono dalle finestre e allegorie bibliche, rigurgiti di montaggio intellettuale che confondono e ammaliano; la tecnica del collage strania il giusto in un film artigianale, montato in maniera nervosa e caratterizzato da quelle cifre stilistiche a cui Svankmajer negli anni ci ha abituato: i dettagli, i primissimi piani delle bocche, il sonoro viscerale, il fango, l'ossessione per il cibo.

Il film dura parecchio (e dire che lo stesso regista nel prologo si lamenta della scarsa durata della sua opera) e nel proseguio della storia si rischia di perdere più volte il filo, quanto più è lucido il protagonista nelle sue scelte tanto più lo spettatore rifiuta di capire e si lascia ammaliare da immagini sempre più oniriche e da un accompagnamento musicale di una serenità sconcertante; la sceneggiatura arriva al suo compimento a fatica, e questo solitamente in un film è un grande difetto, si esce dalla sala con tanti dubbi e nella mente rimangono tante immagini ma non si sa ricostruire cosa sia successo di preciso, ma non è forse quello che accade risvegliandosi bruscamente dai propri sogni?